Libia, il mare restituisce il corpo di una bambina dopo il naufragio

Il Mar Mediterraneo restituisce la prova dell'ultimo naufragio conosciuto al largo della Libia con il corpo di una bambina probabilmente deceduta tra il 12 ed il 13 giugno ad appena 6 miglia nautiche da Zawya

Un dettaglio della tutina della bambina vittima di naufragio ritrovata sulla spiaggia di Sorman (Libia) dalla Mezzaluna Rossa

di Mauro Seminara

Si parlava di una barca in legno, che poi si è rivelato essere un gommone, e “forse” due bambini vittime anch’essi del naufragio che si è consumato ad appena sei miglia da Zawya. Soltanto dieci chilometri dalla costa della Libia. La notizia è stata poi confermata anche da organismi come l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, anche se le autorità libiche avevano inizialmente risposto negativamente alla richiesta di Alarm Phone che, ricevuta una chiamata da un parente dei migranti naufragati – afferma la centrale civile di allarme per soccorso marittimo – aveva denunciato il probabile naufragio. Oggi, a distanza di tre giorni da quella ennesima strage, la Mezzaluna Rossa – la Croce Rossa nei Paesi arabi – ha annunciato che sulla spiaggia di Sorman, pochi chilometri ad ovest della città di Zawya, è stato rinvenuto il corpo di una bambina.

La notizia è stata lanciata da Al Hadaf News, che ha rilanciato l’annuncio del comitato locale di Sorman della Mezzaluna Rossa e la foto – straziante – della bambina ancora avvolta nella sua tutina. Il naufragio aveva causato la morte di 12 persone sulle 30 (dalle prime informazioni erano risultate 32) che avevano fatto naufragio a breve distanza da Zawya. I superstiti erano infine risultati 18 invece che 20, ma erano state confermate le 12 vittime e tra esse i due bambini. Una delle due innocenti vittime della repressione delle migrazioni, e dei trafficanti in secondo luogo, è stata adesso restituita al mondo priva di vita per testimoniare l’atrocità della “gestione dei flussi migratori”. Pochi giorni prima, al largo di Sfax, sulla costa della Tunisia, un altro naufragio si era consumato in assoluto silenzio. La prova della strage, anche in quel caso, l’aveva prodotta lo stesso Mar Mediterraneo, cimitero liquido più grande ed affollato del mondo, restituendo a riva alcuni corpi delle vittime del naufragio.

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Giornalista palermitano, classe '74, cresce professionalmente come fotoreporter e videoreporter maturando sulla cronaca dalla prima linea. Dopo anni di esperienza sul campo passa alla scrittura sentendo l'esigenza di raccontare i fatti in prima persona e senza condizionamenti. Ha collaborato con Il Giornale di Sicilia ed altre testate nazionali per la carta stampata. Negli anni ha lavorato con le agenzie di stampa internazionali Thomson Reuters, Agence France-Press, Associated Press, Ansa; per i telegiornali nazionali Rai, Mediaset, La7, Sky e per vari telegiornali nazionali esteri. Si trasferisce nel 2006 a Lampedusa per seguire il crescente fenomeno migratorio che interessava l'isola pelagica e vi rimane fino al 2020. Per anni documenta la migrazione nel Mediterraneo centrale dal mare, dal cielo e da terra come freelance per le maggiori testate ed agenzie nazionali ed internazionali. Nel 2014 gli viene conferito un riconoscimento per meriti professionali al "Premio di giornalismo Mario Francese". Autore e regista del documentario "2011 - Lampedusa nell'anno della primavera araba", direttore della fotografia del documentario "Fino all'ultima spiaggia" e regista del documentario "Uomo". Ideatore e fondatore di Mediterraneo Cronaca, realizza la testata nel 2017 coinvolgendo nel tempo un gruppo di autori di elevata caratura professionale per offrire ai lettori notizie ed analisi di pregio ed indipendenti. Crede nel diritto all'informazione e nel dovere di offrire una informazione neutrale, obiettiva, senza padroni.

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